Ho cominciato a lavorare ai tempi dell’università. Per togliermi qualche sfizio ed occupare un po’ di tempo libero. Ho cambiato lavoro 3 volte da allora. Il mio ultimo impiego è cominciato nel 2008. Avevo quindi un lavoro a tempo indeterminato da otto anni.
Quando è nata Lavinia ho deciso di prendermi una pausa e di dedicarmi solo a lei, rientrando in ufficio allo scadere dei dodici mesi garantiti per legge. Ne ho approfittato fino all’ultimo giorno. Perchè il primo anno di vita di mia figlia veniva prima di ogni altra cosa.
Nessuna pressione da parte dei miei datori di lavoro, al mio rientro tutti amici come prima, ho semplicemente cambiato mansione “per esigenze aziendali” ma ho mantenuto ovviamente il mio posto fisso.
Poi però l’azienda è entrata in una crisi da cui non sarebbe più uscita e per mesi si è parlato di cassa integrazione, mobilità, concordato, fallimento. Insomma lasciati allo sbaraglio senza capire cosa fare. Soltanto con la prospettiva di una nuova proprietà. Che avrebbe rimesso tutto in discussione.
Dentro di me coltivavo il sogno di avere un altro bambino. L’avrei voluto subito in realtà, ma con la vita che facevamo e l’incapacità di Lavinia di dormire tutta la notte fino ai suoi tre anni, ci avevano fatto rimandare il progetto. Progetto però che era rimasto lì e che non volevamo abbandonare. Per cui ad un certo punto ci siamo guardati e ci siamo fatti delle domande. E ci siamo anche dati delle risposte.
Quattro anni di differenza erano per noi l’ideale. Lavinia sulla via dell’autonomia, spannolinata, senza ciuccio, indipendente da passeggino. Quello che sapevamo era che se questo bambino fosse arrivato a inizio ricerca, cosa che poi è stata, sarebbe nato a settembre come Lavinia. Sapevamo che Lavinia aveva l’età giusta per diventare sorella maggiore, che mi avrebbe (forse) aiutata ed alleggerita. Che con la vita che facciamo i suoi 4 anni mi avrebbero permesso di muovermi e di spostarmi meglio, con un solo passeggino, un marsupio e una bambina indipendente al mio fianco. I tempi erano perfetti.
I nostri tempi, non quelli dell’ufficio. Perché con il cambio di proprietà il mio tempo indeterminato non avrebbe fatto la differenza. Con il cambio di proprietà i contratti sarebbero stati nuovi. Con il cambio di proprietà la maternità non sarebbe stata un diritto. Avrebbero lasciato a casa degli esuberi, e forse una donna incinta avrebbe potuto essere un peso. Per legge non tutelabile dato il passaggio. Avrei quindi potuto perdere tutto.
Nonostante questa prospettiva abbiamo comunque deciso di riprovarci, pensando che forse ci avremmo messo dei mesi, mesi nei quali forse la posizione della mia azienda si sarebbe chiarita, mettendo però in preventivo, che questa nostra decisione avrebbe potuto comportare anche la perdita del lavoro.
Ovviamente sono rimasta incinta subito. E il mio primo trimestre, tempo che mi do’ sempre prima di comunicare a chichessia della gravidanza, è scaduto prima che l’azienda avesse preso accordi con i nuovi acquirenti. Allo scadere dei tempi miei canonici, sono andata in ufficio personale e molto tranquillamente ho “confessato”, coinvolgendo anche un rappresentante della nuova società.
Avremmo potuto aspettare qualche mese, è vero. Sono sicura che in molti l’hanno pensato. Però onestamente, nostra figlia aveva la priorità. Non il lavoro. Non potevamo sapere quanto ci avremmo messo, abbiamo lasciato che il destino decidesse per noi.
Sono stati nove mesi di incertezza. Delle volte sembrava che il mio ruolo e la mia scrivania fossero garantiti, altre volte sembrava io potessi rischiare. La certezza non l’ho mai avuta. Parole dette e buttate qua e là, ma di concreto nulla.
Da giugno che si doveva concludere la questione, siamo slittati per motivi tecnici a Settembre. Mese in cui io avrei dovuto partorire. Il tutto non sapendo se mai sarei rientrata in quell’ufficio che ho salutato a fine luglio entrando in maternità.
Sempre però con la convinzione di aver fatto la cosa giusta. Mai mi sono pentita di aver cercato questa seconda gravidanza. E onestamente non ho nemmeno avuto paura di ritrovarmi senza lavoro. Ero più in ansia a sapere mia mamma in ansia. Perché la sua generazione, crede ancora nel tempo indeterminato. Io invece sono più per il cambiamento. Per non annoiarsi e per motivarsi. Se fosse andata male avrei cercato altro. Io di natura sono ottimista, non mi faccio certo spaventare da un intoppo di questo genere, soprattutto quando nel frattempo stringo a me un fagottino tanto voluto.
Una cosa senza dubbio mi sarebbe mancata: le mie amiche. Le mie colleghe. Loro sì.
Il 6 Settembre è nata Ludovica. Il 18 sono andata in ufficio e ho firmato il mio nuovo contratto a tempo indeterminato. Già perché mi hanno tenuta.
Sono stata fortunata. In Italia spesso le donne sono mese davanti ad una scelta: o il lavoro o la famiglia. E se decidi di fare un figlio ti giochi il lavoro. Succede sempre più spesso. Purtroppo. Per fortuna a volte esistono anche storie positive. Come quella capitata a me.
Mia figlia mi ha portato fortuna. E i nuovi acquirenti non mi hanno discriminata per via di una maternità che avrebbe potuto essere per loro un problema. E invece non lo è stato. Sarà che non sono italiani? 🙂
Sere-mamma-dal-primo-sguardo, neo mamma e neo assunta! (E le mie amiche anche❤️, tutte “promosse” :-D)
Ottimo!
Son contenta che tu abbia mantenuto il posto di lavoro! A me fa veramente incavolare quando ad un colloquio ti chiedono ‘avrà mica intenzione di fare un figlio???”…. Noooo figurarsi! Preferisco spiattellarmi contro un muro in macchina, così anziché sei mesi di maternità faccio due anni di ospedale… Pirla!
E purtroppo questa domanda me la son sentita fare più di una volta….
Io nn so chi saranno i tuoi nuovi datori di lavoro ma vista la correttezza che hanno dimostrato, e sicuramente tu l’hai meritata perché se fossi una “fagnana” (fannullona in piemontese) ti avrebbero lasciata a casa, mi vien da pensare al nord europa…. in ogni caso son super contenta per te e per la tua mamma che ora sarà più serena!!!
Elisa grazie! È proprio vero, quando cerchi lavoro se hai sui 30’anni sei in età da marito, poi da figlio e se ne hai uno da secondo. Gli uomini fanno più carriera per questo. Poi per carità tanto fa anche la propria voglia di arrivare, io metto davanti la mia famiglia alla carriera, altre donne fanno rinunce ben peggiori, però per me è giusto che sia la donna a decidere cosa vuole fare e non l’ottusità di un mondo maschilista….
Io con il secondo figlio sono stata lasciata a casa dopo 8 anni di precariato, quasi senza nemmeno un saluto da parte dell’alta dirigenza.
Per fortuna i cambiamenti possono essere anche molto positivi, perchè ho trovato un lavoro a tempo indeterminato dietro a casa…
non bisogna mai demoralizzarsi e cambiare, molto spesso, è più che positivo
Brava Stefy! Paura che io in effetti non avevo. Ma sai come sono le mamme… La mia era moooolto in ansia…. Così almeno abbiamo tranquillizzato lei!;-)