Durante i nove mesi di gestazione, esistono degli esami di routine che la mamma dovrebbe fare per assicurarsi che il bambino stia bene.
Alcuni sono semplici esami di laboratorio, tipo esami del sangue, altri prevedono ecografie di accrescimento e poi ci sono i cosiddetti esami diagnostici, più o meno invasivi, fatti per verificare che non ci siano anomalie nel feto.
Normalmente si tende a consigliare alle donne sopra ai 35 esami considerati invasivi come villocentesi e amniocentesi; mentre per le donne senza particolari rischi e con età inferiore ai 35 si consigliano test di screening come bi-test, tri-test, translucenza nucale…questi ultimi sono esami che danno come risultato una probabilità, non una certezza.
Significa che se anche il bambino risultasse a rischio di qualche patologia, vedi esempio sindrome di down, non si avrebbe la certezza del problema. Anzi, spesso ci sono falsi positivi, che scatenano il panico tra i genitori e si rivelano poi essere errori. Appunto perché si tratta di probabilità e non di certezze.
Gli unici esami in grado di valutare e di verificare la salute del bambino sono i sopra citati villo e amniocentesi.
In questo caso sono esami dal risultato certo, ma con una piccola percentuale di rischio. Le complicanze più frequentemente osservate dopo l’amniocentesi risultano essere l’aborto e la rottura del sacco amniotico. Il rischio di aborto della tecnica si aggira intorno all’1% in caso di villo, 0,2-0,5% in caso di amnio. Rischio basso e sicurezza del risultato. Ma comunque rischio.
Molte donne scelgono di non affrontare nessuno di questi esami, né quelli di screening per evitare falsi allarmismi, né quelli diagnostici. Alla fine questi esami danno comunque evidenza di alcune patologie, non di tutte. Ed esistono genitori che decidono di correre il rischio perché in ogni caso, qualsiasi sia il destino del loro bambino, lo ameranno comunque. Io trovo che questi genitori siano coraggiosi. Grande cuore ed enorme spirito di dedizione. Solo questo posso dire.
Dal canto mio ho sempre pensato che non avrei voluto un bambino malato e che quando sarebbe toccato a me avrei fatto tutto il possibile per scoprire se il bambino sarebbe stato o meno, sano. Questo pre gravidanze. Perchè a conti fatti invece poi, quando mi sono scoperta incinta, mi sono scoperta mamma.
E il mio punto di vista è cambiato.
Non so cosa avrei fatto se mi avessero detto che le mie bambine avevano qualche problema, onestamente, ma quello che so è che la strada che sembrava più scontata prima di restare incinta, non lo era più dal momento in cui avevo dentro di me un bambino.
E’ senza dubbio una scelta difficile, una di quelle che non si dovrebbe mai prendere.
Quando aspettavo Lavinia scelsi di fare il tri-test (o meglio me lo consigliò la ginecologa) e dato che i risultati erano buoni e che non avevo ancora 35 anni, decidemmo di non effettuare l’amniocentesi perché oltre che rischiosa (seppur minimamente) sarebbe stata anche costosa (mi pare che costi sui 750 euro se non fatta in prestazioni di esenzione una volta superati appunto i 35 anni.).
Per questo decidemmo di non farla, ma di affidarci comunque ad un bravo ecografista per una pre-morfologica, un’ecografia accurata tanto quanto la morfologica delle 20 settimane, fatta però in un’epoca più precoce, alla 16, cosa che permette di avere un lasso di tempo maggiore in caso si decida di ricorrere alla legge sull’interruzione di gravidanza per gravi patologie.
In quel caso tutto bene, quindi amniocentesi evitata, Lavinia sana come un pesce. Per fortuna.
Durante la seconda gravidanza gli anni compiuti erano 36 compiuti, 37 al momento del parto. Quindi l’amnio mi sarebbe stata passata dall’Asl, ma la paura restava tanta. Se non ci fossero state alternative, l’avremmo fatta, per sicurezza. Poi avremmo valutato il da farsi.
Se non fosse che per fortuna da qualche anno c’è una possibilità in più, sperimentale forse, ma speriamo ugualmente efficace, e noi abbiamo deciso di affrontare questo percorso: quello del Prenatal safe.
Che cos’è il Prenatal Safe?
E’ un test prenatale innovativo NON invasivo, fatto a partire dalla 9 settimana di gestazione, che analizza il DNA fetale presente nel sangue materno per valutare il rischio che il feto sia affetto da Sindrome di Down (trisomia 21) o da sindromi da microdelezione. Tutto attraverso un semplice esame di sangue. Quello che abbiamo fatto noi si chiama Panorama, ma ne esistono anche altri.
Un semplice esame del sangue che può evidenziare alcuni rischi.
Piccolo inconveniente: la spesa. Non viene passato dalla mutua, se lo vuoi fare e scegli di farlo al posto dell’amnio lo paghi. E non poco. Siamo sui 750 800 euro. Ai quali, volendo, vengono aggiunti altri 400 euro per il test delle microdelezioni.
Le microdelezioni si verificano quando viene a mancare un piccolo frammento in un cromosoma e causano specifiche sindromi genetiche nel bambino con gravi effetti sulla sua salute come ritardo mentale, problemi cardiovascolari, respiratori, della funzione immunitaria, difficoltà di alimentazione e altri problemi che possono richiedere cure immediate alla nascita.
La più frequente di tali gravi condizioni è la sindrome di Di George che colpisce un bambino ogni 2000 ed è pertanto più frequente della sindrome di Down nelle donne che hanno meno di 29 anni. Per questo esame partecipa anche il papà a cui viene chiesto un tampone salivare.
L’iter è stato questo: un colloquio approfondito con il dottore che ci ha spiegato tutti i limiti e i vantaggi dell’esame, dopo di che abbiamo fatto un’eco per vedere se fosse tutto a posto, in gergo tecnico per verificare la vitalità fetale, e infine esame del sangue per me e campione salivare per Giacomo.
I nostri campioni sono stati prelevati dall’ostetrica presente presso lo studio da noi scelto e inviati in California. Quindici giorni dopo, proprio la sera in cui abbiamo comunicato ai nonni che stava arrivando il fratellino/sorellina di Lavinia, il dottore mi chiamava per dirmi che l’esame aveva dato ottimi risultati e che sarebbe arrivata una sorellina.
Il tutto entro la 12 settimana. Questo ha significato un bel lasso di tempo in più per tutte le varie ipotesi del caso. Noi poi abbiamo scelto anche di fare il test combinato perché all’epoca del prenatal test alla decima settimana, la creatura era davvero troppo piccola per fare ulteriori esami ecografici approfonditi. Ma non era obbligatorio farla.
Ho altre amiche che hanno scelto di fare questo tipo di esame, al posto dell’amnio. Altre invece hanno scelto di preferire la certezza al 100%.
E voi? cosa avete scelto di fare?
Sere-mamma-dal-primo-sguardo
ciao carissima!!! leggo sempre molto volentieri i tuoi articoli… e anche in questo ti do pienissima ragione… io all’epoca della nascita delle pupe avevo 32 anni, quindi sconsigliata l’amio, anche perchè 2 sacche, due buchi e rischio raddoppiato… feci la tranlucenza nucale e prelievo e mi “rassicurarono” tra virgolette perchè una mamma ha sempre paura (o perlomeno io paura doppia).. che tutti i parametri delle pupe erano nella norma…per fortuna… un bacio