Io e la mia paura di volare…

Cara Hostess (o se preferisci assistente di volo, dimmi tu, non vorrei farti arrabbiare per un titolo ecco…), ci siamo!

Tra qualche mese ci troveremo di fronte, io e te. Mi riconoscerai perché avrò una faccia da cadavere, dovuta non soltanto al fatto che in vacanza ci sto andando e che quindi la mia tintarella s’ha da fare, ma soprattutto alla mia paura irrazionale di stare con il culo per aria per più di 30 secondi (il termine poteva essere sostituito ma l’espressione rendeva bene l’idea).

Io e la mia paura di volare…

Salirò la scaletta (o attraverserò quel lungo ma mai abbastanza finger), toccherò, come da mio personalissimo rituale antisfiga, con la mano destra quel bestione che mi porterà (speriamo) al mare e varcherò la soglia.

Il tutto con Lavinia saltellante eccitata al seguito e quel gran burlone di suo padre che chissà cosa si inventerà a sto giro per rendermi il viaggio impossibile.

Cara Hostess tu mi saluterai e mi sorriderai (speriamo) chiedendomi di mostrarmi il mio tagliandino dell’imbarco che io avrò prontamente nella mia mano destra, perché ho lavorato al check-in e lo so che devo mostrarlo a bordo e che ti fanno incazzare i passeggeri che creano coda cercando in tutte le loro improbabili tasche quel pezzetto di carta tanto importante ma altrettanto nascondibile.

Mi augurerai buon viaggio e io, digrignando i denti e facendo le corna dirò: speriamo.

Mi siederò al mio posto accanto al finestrino, Lavinia si siederà al centro e quel gran burlone di Giacomo sul corridoio. La mia faccia diventerà sempre più pallida e quando inizieranno le manovre del decollo e tu e le tue colleghe mostrerete le misure di sicurezza io sarò una delle poche persone presenti a bordo che vi darà retta, pur conoscendo a memoria tutta la solfa: ritornello del brace brace compreso, che cazzo fa paura solo a pronunciarlo.

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Non contenta quando direte che il giubbotto di salvataggio è sotto al nostro sedile, io verificherò. Non perché io metta in dubbio cara hostess quello che dici, ma perché mi è già capitato, di essere tenuta in ostaggio a bordo del bus arrivando a Ibiza per colpa di un gruppo di cretini che aveva rubato le dotazioni di sicurezza sperando di farla franca. E dato che al mondo i cretini sono tanti e che una disattenzione potrebbe costarmi la pelle, io controllerò. Come sempre.

Inizierà la fase di rullaggio e io comincerò a pregare infastidita da quel rumore da tachicardia che i motori fanno mentre l’aereo prende velocità.

Ci staccheremo dal suolo e io continuerò a pregare, guardando giù dal finestrino, sperando di non incappare mai in una «wind shear» (forti flussi discensionali al decollo o all’atterraggio. In questi casi l’aereo può essere violentemente sbattuto a terra e precipitare senza scampo. Non chiedetemi come conosco l’esistenza di questa cosa, la conosco e basta, andiamo oltre.)

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Controllerò ogni 30 secondi che si spenga il segnale luminoso delle cinture di sicurezza, non per liberarmene, ma per provare a ricominciare a respirare, affannosamente, ma almeno fuori dalla fase apnea. Nel frattempo le mie orecchie saranno attente, pronte ad ascoltare il saluto del comandante, che mi auguro dirà: il viaggio fino a Ibiza sarà tranquillo, il cielo è sereno e non precipiteremo.

Nel malaugurato caso in cui invece dovesse dire: a causa di temporali sparsi potremmo incontrare alcune turbolenze, per favore cara hostess aiutami. Perché io a quel punto darò segni di cedimento. Folli.

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Riconoscimi. Vieni da me, sfodera il migliore dei tuoi sorrisi e dimmi che posso stare tranquilla.

Ma non dirmi che i temporali sono bellissimi, come la tua collega dell’anno scorso che mi invitava a guardarli fuori dal finestrino. No grazie non ci tengo. Né come quell’altra spagnola che 4 anni fa cercava di tranquillizzarmi dicendo che l’aria è come un solido e che la tormienta è normale, mentre tutto attorno a me vibrava tremendamente. Tua sorella è normale. E nemmeno come quella trovata al rientro dalla Sicilia che per tranquillizzarmi mi diceva che volare, rispetto a partorire, è una passeggiata. Per te forse, io preferisco partorire altre 100 volte. Il mio parto è stato una passeggiata, il tuo forse no.

E se mai dovesse chiamarti il comandante e fossi proprio tu a rispondere al telefono per favore ricordati che c’è gente, come me, che ti osserva. Quindi anche se ti scazza dovergli rispondere, per favore, non fare la faccia da funerale. Perché io penserò che il comandante ti abbia detto che siamo prossimi allo schianto. E non che, semplicemente, ha sete.

E quando mi alzerò per andare alla toilette, perché accadrà dato che la tensione mi fa scappare la pipi un secondo dopo che mi sono accomodata a bordo nonostante io l’abbia fatta 3 secondi prima dell’imbarco, per favore, se incroci lo sguardo di Giacomo non soffermarti. Se ti parla, non ascoltarlo.

Ma se proprio devi essere carina con lui non iniziare discorsi assurdi come ha fatto quel tuo collega lo scorso anno, quando gli ha raccontato che quell’aereo era bellissimo in quanto nuovissimo. Perché al mio rientro dalla toilette Giacomo ci ha tenuto ad informarmi. Peccato che io non avessi tutta questa voglia di sapere che quell’aereo fosse al suo secondo volo. Cazzo.

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Se passi accanto a me,  scusami se facendo i complimenti a Lavinia per quanto è bella io avrò una paresi. Non sarò finta. Né figa di legno. Semplicemente sarò terrorizzata, attenta a cogliere qualsiasi vibrazione dell’aereo e starò ancora pregando. Non ti ascolterò e non avrò voglia di chiacchierare. Se puoi perdonami.

Ricordati sempre, cara Hostess, che tu hai una responsabilità enorme. Lo so che a lungo andare il tuo lavoro potrebbe cominciare ad andarti stretto, che sei stufa di tutti i passeggeri cafoni che incontri quotidianamente che ti trattano come la peggiore delle cameriere, che non sei mai a casa, che lo stipendio non è più quello di una volta (se è per questo potrei dirti che nemmeno voi siete più bone e super selezionate come una volta, ma non te lo dirò perché ho bisogno che restiamo amiche), però ricordati che per 100 cafoni a bordo, potrei sempre esserci io, che ti ascolto, ti guardo, ti rispetto.

Non ti disturberò mai, non ti chiamerò mai (anche perché ogni volta che qualcuno schiaccia quel bottoncino per chiamarti, il segnale acustico è lo stesso di quando avvisate che è necessario allacciare le cinture di sicurezza per una improvvisa turbolenza, per cui figurati se mi sogno di crearmi dei mini infarti da sola ogni volta).

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Quindi, per favore cara hostess, sorridi, anche se hai le palle girate. Perché io sono terrorizzata e ho bisogno che tua sia carina con me, come quel santo di Manuel, l’assistente di volo che 10 anni fa durante la mia prima crisi di panico che mi ha ridotto così, mi ha tenuto la mano durante le sei ore di turbolenza e che ancora oggi ricordo come il mio eroe, a differenza di quella vecchia gallina (e non aggiungo l’appellativo che vorrei darle perché sono una signorina e non posso scrivere volgarità) che sbuffava davanti a noi passeggeri terrorizzati.hostess-zombie

Quando poi cara hostess il comandante avviserà che comincerà le manovre per l’atterraggio, allora in quel preciso momento, potrai dimenticarti di me, perché io di colpo mi tranquillizzerò. Diventerò simpatica e mansueta. Smetterò di avere gli occhi sbarrati. Sorriderò.

E quando una volta atterrati tutti gli altri pecoroni faranno l’applauso, io non lo farò. Perché so che questa cosa tipica dell’italiano medio ti disturba parecchio. E io la condivido. Perché non è che quando vado dal ginecologo a fine visita mentre mi dà la fattura gli faccio l’applauso no? E’ il suo mestiere. Così come quello del comandante è quello di riportare il mio culo sano e salvo a terra. Non fa una piega.

Una volta atterrati aspetterò solo trenta secondi prima di accendere il cel per mandare un messaggio a casa, scusami se ti disubbidisco ma lo devo fare, perché so che a casa mia stanno in ansia e devo avvisare. Non perché abbiano paura che io sia precipitata con te e tutto l’aereo, ma perché mi conoscono e sperano sempre che io non abbia crisi omicide a bordo.

Finalmente il portellone si aprirà e io verrò verso di te, sorridente, sollevata ed eccitata perché finalmente la mia vacanza starà per iniziare e vedrai che non sarò più tanto pallida come quando ci siamo conosciute. Riprenderò colore. Respirerò. Vivrò.

Ciao Cara Hostess, spero ci sia proprio tu a bordo quel giorno con me. Altrimenti, per favore, fatti dare un cambio turno. O cambia lavoro.

Sere-mamma-dal-primo-sguardo che per scrivere correttamente questo post, cercando info su Google, è incappata in un elenco lunghissimo di incidenti aerei e non sa più se a Formentera quest’anno ci andrà.

12 commenti su “Io e la mia paura di volare…

  1. Sei un genio!!! Hai descritto perfettamente me in aereo, a parte il fatto che non mi alzo x fare pipì perché secondo me l’aereo si sbilancia!!! Ahahah!!! Fai te come sono messa!! Cmq brava, tu nonostante ciò lo prendi, io ho provato una volta, ci ho riprovato ma sono stata così male che prima di partire mi è arrivato un febbrone da cavallo e ho rinunciato. Non prendendolo mi privo di troppe cose belle e opportunità e mi mangerei le mani, ma è più forte di me!

    1. Ali tranquilla ti capisco benissimo…chi non prova quello che proviamo noi ci giudica matti, ma non è una cosa razionale, è più forte di noi. Per cui hai tutta la mia solidarietà!:-) un bacione

  2. Incredibile !!! Stesse reazioni stessi segni scaramantici stessa tranquillità durante l’atterraggio mentre è uno dei momenti più a rischio del volo ! L’unica differenza è che non appena scendo dall’aereo comincio già a preoccuparmi per il viaggio di ritorno !
    Per conferma chiedi alla mamma del viaggio in aereo in Messico!!!!

    1. E pensare che quando sei in quello stato a bordo pensi che nessuno ti capisca!!! Dove siete tutteeeeee

  3. Ho appena scoperto il tuo blog, quindi saltello da un post all’altro per leggerli tutti… Con questo mi hai colpita perché lo avrei potuto scrivere io, con la differenza che non ho figli al seguito (e neanche a casa 🙂 ) e nemmeno un compagno a cui conficcare le unghie nel braccio perchè il mio dolce fidanzato si è trasferito in Olanda, ragione per cui devo prendere l’aereo e devo prenderlo DA SOLA. Sono la passeggera che tutte le hostess vorrebbero avere: non vado in bagno, non ordino niente (mangiare?!?! Ora?!?!? respirare e sopravvivere mi sembrano già due cose abbastanza complicate in questo momento), non tolgo mai la cintura, non parlo neanche, non chiedo NULLA se non di poter arrivare a casa sana e salva. Quindi con questo post mi hai veramente strappato un sorriso. =) Grazie!

    1. Cecilia ma sei il mio idolo! Io per amore pendolo con il treno, se fossi stata obbligata a prendere l’aereo forse non ci avrei fatto due figlie!;-) sei bravissima! Un abbraccio!

  4. io ti dico solo che per il prox viaggio in aereo valuto l’opzione droga pesante!!! 😀 scherzi a parte, condivido tutto purtroppo e temo che nulla possa risolvere questo stato di angoscia che mi porto dietro da tutta la vita ogni volta che salgo su quella scatola volante!

  5. Praticamente mi hai descritta. Scusa ma non riesco a smettere di ridere. E tu sei fin troppo brava…io fino a due anni fa non mi alzavo manco per fare pipì. Tenevo le dita incrociate tutto il tempo nascondele nelle maniche delle felpe per non farmi sgamare (chissà quante hostess avranno pensato che fossi sprovvista di mani); se qualcuno mi parlava io rispondevo a gesti tanto ero tesa…poi ho letto un libro “Mai più paura di volare”. Direi fondamnetale visto che dovevo affrontare un viaggio in solitaria dall’altra parte de mondo. Non so cosa sia scattato nel mio cervello ma di colpo mi son sentita più rilassata. E pensa che con questa paura di volare Io mica ci sono nata così….insomma potrei raccontarti tutti i voli malpensa-ibiza e viceversa degli ultimi dieci anni e so che capiresti…ti dico solo che io iniziavo a monitorare il meteo già due settimane prima

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