Scusatemi, con ritardo, io resto a casa

Da ieri sera tutta Italia è zona protetta. Non più rossa, arancione, gialla, con una mescolanza di colori che dicevano tutto e il contrario di tutto.

Da ieri sera siamo tutti sulla stessa barca, nessuno escluso.

Finalmente, dirà qualcuno. E in effetti questi provvedimenti probabilmente avrebbero dovuto essere preso fin dall’inizio, perché comunque con la circolazione libera era inevitabile che il Coronavirus si diffondesse, e si sarebbe sicuramente generata molta meno confusione.

Fino ad oggi ho preferito non parlare di questa emergenza (io come tante altre amiche del web), non come insinua qualcuno, “perché abbiamo paura di perdere like e perché è più facile mantenere un atteggiamento leggero che dire qualcosa di serio”, ma semplicemente perché io sono convinta (e parlo per me) di non avere le risposte o la verità in mano, e per evitare di diffondere notizie errate, ho taciuto.

So poi che chi ci segue, con noi si diverte, so che strappiamo un sorriso a tante mamme più in crisi per via di stress, gestione e ansie varie, e quindi, in un momento in cui tutti sanno tutto, tutti sono virologi, medici, avvocati, presidenti, ecc ecc, io preferisco tacere e alleggerire una situazione molto pesante per tutti.

MOLTO SEMPLICE.

Se non mi piacevano le polemiche e gli ammorbamenti vari prima, sui social soprattutto, figuriamoci adesso, che non è proprio il momento.

Le informazioni che dobbiamo avere le dobbiamo reperire dal telegiornale, dai giornalisti della carta stampata, non dalle amiche del web. Perché noi, io, rischiamo di dare informazioni sbagliate e di influenzare in maniera errata. Come magari è accaduto INVOLONTARIAMENTE con qualche comportamento errato, anche mio.

Vada quindi per la condivisione di comunicati ufficiali, ma nessuna opinione personale, nessuna decisione autonoma, può essere corretta, in questo momento.

Anche perché, e vorrei farlo presente a tutti, le informazioni sono cambiate talmente tante volte in queste settimane, che è stato complicato e purtroppo, e dico purtroppo perché sicuramente è sbagliato ma è un dato di fatto, la percezione di quello che sta accadendo, di quello che accadeva, è stata diversa per ognuna di noi.

Ora probabilmente è chiaro a tutti, o spero lo sia, che dobbiamo stare a casa, uscire solo se strettamente necessario (lavoro, spesa e motivi di salute) e cambiare il nostro stile di vita almeno fino al prossimo 3 Aprile.

Ma fino a ieri, non era così. E non perché siamo un popolo di caproni, anche forse. Ma temo che ci sia stato anche un grande problema di comunicazione.

Io ovviamente parlo per me, che sono piemontese, ma che vivo in una zona che fino a sabato alle 22 non era né “protetta”, né “rossa”, né “gialla”, che è diventata arancione (quindi ATTENZIONATA, non chiusa) per 48 ore, prima che tutta Italia venisse poi uniformata, con la firma di Conte del decreto DPCM 9 MARZO 2020, meglio detto #iorestoacasa” (che estende a tutta Italia le limitazioni delle aree più colpite), ma so che il mio stesso errore di valutazione l’hanno fatto in molti.

Quando un mese fa guardando la tv apprendevo della difficile situazione in Cina, ero sgomenta. Mi chiedevo come potesse quella povera gente restare chiusa in casa, senza nemmeno poter andare al supermercato. Non per il lavoro, non per la scuola, ma per il cibo, che è fondamentale.

Però evidentemente la Cina ha saputo reagire nel modo migliore, e sì ci sarà la dittatura, intanto però hanno trovato probabilmente la giusta quadra: la chiusura totale per contenere l’epidemia, fin da subito.

Qui da noi le cose sono andate in maniera molto diversa: differenze di regole, limiti che finivano a distanza di un chilometro, liberà lasciata ai singoli.

Quando si è saputo del primo caso di Codogno, il famoso paziente uno, zero che fosse, noi eravamo in Trentino.

Lo dico subito per evitare fraintendimenti: sicuramente essendo in una zona ovattata, lontana dal lodigiano, abbiamo sottovalutato la situazione.

Da casa mia (in Piemonte) ci arrivavano notizie di supermercati presi d’assalto, di gente impazzita che si ammassava a fare scorte, ma nessuna indicazione diversa circa il comportamento da tenere. La risposta delle istituzioni era sempre la stessa: non andate in panico, mantenete tutti la calma, continuate a vivere la vostra vita, facendo più attenzione, se avete avuto contatti con la Cina fatevi avanti, altrimenti state sereni.

Al punto che quando qualcuno di voi mi ha chiesto come fosse la situazione in TRENTINO, avendo già prenotato le vacanze, io avevo risposto che tutto era tranquillo, anche spinta dalle istituzioni stesse che invitavano la cittadinanza a non frenare il flusso economico, a non bloccare il turismo.

Ho sbagliato? Sono stata superficiale? Probabilmente, con il senno di poi e visto come sono andate le cose, SI e non lo voglio nascondere, ma quindici giorni fa la percezione dei fatti, per chi non era in zona rossa, era veramente molto diversa e soprattutto nessuno ci aveva dato indicazioni di chiuderci in casa.

Vorrei fosse chiaro questo perché altrimenti sembriamo tutti pazzi e criminali.

Addirittura da noi (in Piemonte), dove la scuola era chiusa per le vacanze di Carnevale quando il primo caso si è palesato, si era parlato di riaprire le scuole già il mercoledì successivo alla prima chiusura, come a dire: tutto a posto, si ricomincia, come sempre.

Quindi ecco, tolta la zona rossa del lodigiano, dove immagino che la situazione sia stata chiara fin da subito anche per paura, avendo casi vicini di persone contagiate, e la Lombardia che, anche guidata da regolamentazioni più serie e sensate, si è unita comprendendo bene la problematica (sì, lo so non è stato così per tutti), le altre regioni vivevano seguendo le indicazioni regionali, spesso confuse e contraddittorie.

Se ci veniva detto, dal presidente, dal sindaco, da un virologo, che potevamo uscire, che dovevamo sì evitare assembramenti, ma che potevamo continuare ad andare a danza o in piscina, in montagna o al bar del paese, era normale pensare che farlo non fosse sbagliato. Se lo fosse stato ce l’avrebbero detto. No? Se non lo sanno loro, chi lo deve sapere? Le amiche a distanza sul web?

Oggi tutti sappiamo che sarebbe stato meglio chiudersi subito in casa tutti, come accaduto a Wohan, ma c’è voluto un decreto unico rivolto a tutte le regioni, per evitare appunto che ogni regione continuasse a sbagliare, facendo il suo.

Quindi BRAVISSIMI quelli che hanno capito subito che il problema era serio, nonostante alcuni virologi, medici e politici vari ci dicessero che si trattava di una dapprima semplice influenza, poi più violenta, ma pur sempre curabile, e che non hanno dato retta a quegli esperti che dicevano non solo di non andare in panico, ma anche di continuare a vivere come sempre.

Siete stati acuti e intelligenti, e credo anche ben guidati. Chapeau.

Per molti di noi però, per la maggioranza di noi, non coinvolta così da vicino, non è stato così. Abbiamo sottovalutato il problema? Sicuramente sì. Abbiamo dato retta a informazioni e regolamenti “blandi”? Certo. Non abbiamo brillato di acutezza? Anche.

Ma non abbiamo agito di testa nostra. Ci hanno accompagnato le nostre regioni e per quanto mi riguarda penso che nemmeno prendere iniziative private che avrebbero scatenato un panico forse altrettanto pericoloso, sarebbe stato giusto.

Era per tutti una situazione nuova, nessuno era preparato e sbagliare è stato facile, anche seguendo le notizie contrastanti della tv e del web.

Ora però possiamo e dobbiamo ripartire, ora che tutti siamo uniti nella stessa area protetta, ora che le regole sono valide per tutti e che possiamo sperare che questo contenga e risolva una situazione davvero complicata.

E lo dico anche e soprattutto a chi sta ancora pensando che non ci sia nulla di cui preoccuparsi, che si tratti di un complotto, che si possa continuare a vivere fuori come sempre.

Vi state sbagliando, come ci siamo sbagliati noi, prima di voi.

Ora sì che non abbiamo più scuse per non capire e dobbiamo tutti rispettare quello che ci è stato chiesto di fare, da nord a sud, senza distinzioni.

Uniti.

E per questo vorrei chiedere a tutte le persone che sono state coscienziose fin da subito e che non hanno mai tentennato, né avuto dubbi sul da farsi, di non cadere adesso nell’errore più semplice e cioè quello di puntare il dito.

Non si può aprire i social per avere svago e un attimo di leggerezza e sentire solo persone che si accusano l’una con l’altra per quello che é stato detto, non detto, fatto o non fatto. Perché lanciamo anche un messaggio sbagliato.

Indietro non si torna, non cambierà nulla, non servirà nulla. E soprattutto la guerra tra di noi non eviterà il collasso italiano.

Quello che serve ora sono storie positive, di mamme che si organizzano con i bambini in attività che si erano perse, di bambini che sorridono felici nonostante loro per primi siano stufi di restare in casa (perché ci sono bambini che sono al terza settimana di chiusura scuola e per quanto i genitori tentino di tenerli fuori da tutta questa ansia non è facile per niente), di papà fortunati che possono stare un po’ più a casa con i loro figli anche se con la testa sono magari a 400 km di distanza, dove c’è la famiglia di origine, che manda avanti un’attività.

Insomma, ora che l’unico contatto con l’esterno può avvenire solo con il web (e ovviamente la tv), vedere guerre, accuse, litigi, non farà bene a nessuno. Quello che serve è quella positività che dovrebbe esserci sempre, ma che viene richiesta ora a maggior ragione.

E badate bene, non è perché vi dico che tutto andrà bene o perché nella chat con le amiche io sono sempre quella che dice “coraggio””dai forza” “vedrai che non sarà nulla”, all’amica che tentenna e che ha paura perché magari ha un po’ di febbre e cade nel facile pensiero del coronavirus, non ne comprendo la problematica.

Semplicemente di carattere io cerco sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno (ovviamente se non si tratta di me, perché quella è un’altra storia) e di spronare, di alleggerire e aiutare le persone. Non di affossarle.

L’ho preso da mio padre, che ha tanti difetti, ma sicuramente è una persona che sa guardare oltre e trovare sempre una soluzione senza piangersi addosso. E sono fiera di essere come lui, e non mi scuserò per questo.

(Che poi è esattamente quello che io spero faranno con me le persone che mi circondano quando, volente o nolente, quella a tentennare sarò io. Perché i pensieri brutti li faccio anche io eh? Anche io nella vita ho delle preoccupazioni e anche io adesso non sono serena. Ma cerco di essere forte e di dare forza, con la speranza che ci sia qualcuno accanto a me, che al momento giusto, possa ricambiare il “favore”.)

Quindi io mi scuso ancora una volta se non ho capito subito che la situazione era più complicata di quanto me la raccontassero e se inavvertitamente posso avervi confuse, facendovi credere che la situazione fosse più semplice, non mostrandomi a voi preoccupata o non parlandovi del problema, mi spiace non essere stata lungimirante e pro attiva, ma mi rendo disponibile per cercare di farvi compagnia, nel mio piccolo, sui social, come ho sempre fatto, con lo stesso sorriso di sempre.

Ovviamente da casa.

Sere-mammadalprimosguardo 

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