Oramai è un mese che le nostre vite sono cambiate: chi prima chi dopo abbiamo iniziato a stare chiusi in casa, ad uscire solo per fare la spesa laddove non ci sia un’alternativa o a portare fuori cane e spazzatura.
Non una passeggiata, non una cena in compagnia, non un diversivo.
La nostra routine non è più la stessa.
Oltretutto ogni giorno ci arrivano bollettini medici che dapprima erano così lontani e poi a poco a poco sentiamo sempre più vicini.
Ad un certo punto chiunque, anche le persone più solide, traballano, è inevitabile.
Sabato è stato il mio turno. Nonostante noi quattro siamo tutti insieme, nonostante mia mamma sia qui ad un passo da me, nonostante mia sorella e mio padre e la parte della famiglia fiorentina, siano tutti a casa, nonostante un grande terrazzo dove poter uscire a prendere aria, nonostante un tapis roulant a disposizione per poter scaricare, nonostante non ci manchi nulla, anche io ho avuto la mia giornata no.
La prima.

Tutto è cominciato nella notte, quando Ludo è arrivata alle 2:30 nel lettone dopo aver dato un colpo di tosse. Io che dormivo da un paio di ore mi sono svegliata e la mia testa ha iniziato a vagare.
Razionalmente so che un colpo di tosse non è nulla, ma quando è un mese che senti che uno dei sintomi del coronavirus è la tosse, alle 2:30 di notte, mezza addormentata, a cosa pensi?
L’indomani ad aumentare la mia ansia notturna ci si è messo un brutto dolore al fianco sinistro, posteriore, altezza polmoni. E qual è uno dei pericoli del coronavirus? La polmonite.
La prima cosa che ho fatto è stata quella di sentire la mia amica Fede, che ha visto da vicino la polmonite in un paio di occasioni e che ero certa, visto il suo carattere sempre ottimista (è me, al quadrato), mi avrebbe “alleggerita”.
Fede, dove aveva male Francy (figlio), quando aveva la polmonite?
Al polmone dove aveva la polmonite, ovviamente, non c’è un polmone preferito.
^___^
Piantala fai la seria. (Invio immagine con punto esatto del mio dolore). Qui?
Sì il punto è quello, ma lui aveva 39 di febbre Sere, tu hai la febbre?
35.8.
Dai piantala, tu ti sei fatta male facendo ginnastica amica.
Ok lo so. Ma avevo bisogno di sentirmelo dire, anche perché io, che ho paura di volare dopo aver avuto un attacco di panico, e che razionalmente so che l’aereo è il mezzo più sicuro e che statisticamente è più facile morire in macchina piuttosto che in aereo, quando sono a bordo, non connetto.
E così quando entro in paranoia, non ragiono.
Non contenta quel giorno ho googlato per sapere se si può avere la polmonite senza febbre (ovviamente sì) e casualmente aprendo Instagram sono capitata sul profilo di una mia amica proprio mentre faceva la diretta con una sua amica, con polmonite.
Chiaro no come stavo?

Così ho fatto l’unica cosa che potevo fare: ho blaterato. Mi sono sfogata con le mie amiche in una videochiamata, ho detto a mio marito di non darmi più notizie brutte che leggeva sul TGCom24 perché mi sentivo affossata, ho vomitato tutte le mie ansia in una chat che ho con altre amiche da tutta Italia, consapevole che siamo tutte sulla stessa barca, chi più chi meno.
E leggere che anche loro stavano in paranoia come me, capire che mio marito legge tutte le notizie perché è l’unico modo che ha per esorcizzare, vedere il sorriso tirato delle mie amiche di sempre, che comunque tentavano di sdrammatizzare, mi ha rimessa in pace con me stessa.
Domenica mattina, dopo aver dormito tutta notte tranquilla, e senza più alcun colpo di tosse di Ludo, in mio dolore al fianco era sparito e con lui anche la mia paura.
Evidentemente mi ero fatta male davvero facendo ginnastica. Semplicemente uno strappo muscolare o un movimento sbagliato, come spesso accade nella vita di tutti i giorni.
La mia è stata semplicemente paranoia. Come quella in cui state forse vivendo anche voi.
Mi sono quindi messa a riflettere su cosa poter fare in caso che la paranoia si ripresenti a casa mia.
In mio aiuto è arrivato Raffaele Morelli psichiatra, psicoterapeuta, fondatore dell’Istituto Riza, che ieri sera durante un collegamento televisivo che ho seguito con attenzione, ha proprio spiegato cosa fare per combattere l’ansia.
La prima cosa che il dottor Morelli ha consigliato di fare è quella di prendere esempio dai bambini, quegli stessi bambini che ci colorano la vita ogni giorno.
I bambini se ci fate caso parlano di coronavirus, con una frase, ma subito dopo parlano d’altro. E lo fanno grazie alla loro fantasia che li porta ad andare oltre, sempre.
Importantissimo è non soffermarsi continuamente sulla paura del contagio. Non passare le giornate sui social a cercare notizie o a guardare il telegiornale. Bisogna utilizzare altre capacità del cervello, per esempio l’immaginazione e la fantasia, per andare oltre.
Dobbiamo assolutamente distrarci dal virus e dal pensiero fisso che possiamo ammalarci, perché la distrazione è un farmaco per il cervello. Per farlo dobbiamo far partire l’immaginazione e fantasticare.
Il professor Morelli ha invitato a imparare dai bambini la capacità di distrarci, facendo attività manuali, tipo tagliare, ricamare, seminare nei vasi. Ma anche prendere un po’ di sole sul balcone o alla finestra. Tutte pratiche semplici, ma di grande utilità in questo periodo.
Essere creativi, lavorare con le mani, impastare, cucire, cucinare, disegnare, scrivere, darsi a qualsiasi attività manuale, perché quando lavori con le mani ti concentri su quelli che fai.

Ballare, cantare. Ecco perché ha aggiunto Morelli vanno bene anche le emozionanti iniziative di flash mob sui balconi di tutta Italia, perché in quel momento, oltre a liberare emozioni, siamo un corpo unico e ci fa sentire legati a tutti. Abbiamo bisogno di unità, per venirne fuori.

Se l’ansia arriva, dobbiamo accoglierla, non combatterla. Immaginiamo di essere in una tana, dove metteremo le cose che ci piacciono e restiamo lì protetti. Vestiamoci bene, non restiamo in pigiama tutto il giorno, trucchiamoci, pettiniamoci. Vedersi belli aiuta a combattere la depressione che si fa avanti facilmente in situazioni come questa.
Il dottor Morelli poi ha dato anche qualche indicazione per le coppie, obbligate a stare insieme h24, come mai prima di oggi: litigare va bene, si liberano emozioni, ma non bisogna rinfacciare episodi vecchi. Non serve tenersi il muso. Si litiga, ci si sfoga, si sta in stanze separate per un po’, a sbollire, ma poi si va avanti.
Non è il momento di mettersi in discussione, di darsi colpe o di affrontare crisi fino a oggi rimandate. Il litigio non fa male, perché ti permette di tirar fuori anche l’aggressività. Ma niente rancore o muso. In questo momento per chi è in coppia è importantissimo non rivangare il passato, rievocando quando uno svalutava l’altro partner. Ciò che è stato, è stato. Se c’è una crisi, non è adesso il momento di affrontarla. Le crisi, anche in tempi normali, non si affrontano mai nei momenti difficili. Ci si penserà: se ci si deve lasciare, ci si lascerà, ma al tempo opportuno. Non ora.

Infine, Morelli dice una cosa importantissima: in questo momento sarebbe meglio non ragionare su quanto accadrà alla fine dell’emergenza coronavirus e del come riprenderemo in mano la normalità. Meglio concentrarci nell’adesso, sempre sforzandoci di distrarci dalla drammatica questione coronavirus.
Sere-mammadalprimosguardo