Quando la scorsa settimana Ludovica era con il papà a Firenze, io e Lavinia ne abbiamo approfittato per passare un po’ di tempo insieme.
L’ho portata a scuola con calma, sono andata a riprenderla. Abbiamo fatto merenda e abbiamo chiacchierato della giornata appena conclusa.
Poi Lavinia, come sempre, è andata in camera sua a giocare e io sono tornata al mio pc, perché ovviamente dovevo lavorare.
La sentivo cantare, ballare, saltare. Saltare, ballare, cantare. Ballare, saltare, cantare.
Ad un certo punto, quando stavo quasi per urlarle di darsi una calmata prima che sfasciasse tutta casa, me la vedo arrivare di corsa, con la musica in mano a tutto volume e mi dice: mamma vieni a ballare con me?
No, amore, devo lavorare.
Io, che ho studiato danza per dieci anni.
Io, che avevo addirittura tentato di entrare alla Scala.
Io che so a memoria i passi e le battute di Grease, Flashdance e Dirty Dancing.
Io, che non mi perdo mai una puntata di Amici e che conosco tutti i nomi dei ballerini passati da Maria.
Io, che ogni scusa era buona per andare in discoteca a dimenarmi.
Io che ho smesso di avere tempo di ballare, perché devo lavorare.
Anche no.
Così ho messo in pausa quello che stavo facendo e l’ho raggiunta in camera, dove si era nuovamente rintanata e appena mi ha vista e ha capito che ero lì per ballare, mi ha fatto quel sorriso felice misto vergogna che fa sempre, quando vorrebbe chiedermi qualcosa ma non osa, perché sa che non posso – non ho tempo- non ho voglia.
Quel sorriso che ogni volta è una stretta al cuore perché mi fa maledire tutte le volte che le ho detto no.
E così abbiamo cantato, ballato, saltato. Saltato, ballato, cantato. Ballato, saltato, cantato.
Fintanto che mi ha retto il fiato, perché sì, ero una ballerina, ma sono anni che non faccio più niente, e si vede anche. Che poi ballerina, nella mia testa e nei miei sogni, ecco.
Lavinia però sa che io ballavo. Sa che due volte alla settimana mettevo le mie scarpette da danza e piroettavo. Non sa forse che non ero portata e che forse sono stata anche a tratti ridicola. Ma non importa. Non per lei.
Lei che mi guarda sempre con gli occhi di chi ti ama, senza pregiudizi né limiti.
E quindi via di plié, gran plié, arabesque e relevé. E poi chi si ricorda e andiamo di Macarena.
Tanto lei non lo sa che sono passati secoli da quando questo ballo di gruppo è stato lanciato.
Dale a tu cuerpo alegría Macarena
Que tu cuerpo es pa’ darle alegría why cosa buena
Dale a tu cuerpo alegría, Macarena
Hey Macarena!
Le ho mostrato qualche video su You Tube, ha visto bellissime ragazzine poco più grandi di lei che macarenavano come se non ci fosse un domani, ha osservato me e loro, loro e me, per qualche istante e dopo un minuto aveva una padronanza dei movimenti da far invidia alla Cuccarini.
Braccio braccio, spalla spalla, testa testa, fianco fianco, bacino e di nuovo, 5,6,7,8.
Ci siamo divertite così, solo io e lei, quel pomeriggio. A ballare, saltare (lei), cantare e piroettare. Perché le cose semplici sono sempre le migliori.
E poi perché i figli crescono e ci sfuggono e se non ne approfittiamo adesso, che sono ancora i nostri bambini, a perderci saremo noi. Perché Lavinia tra un attimo sarà grande e vorrà andare a ballare con le amiche, e si vergognerà di me, quando magari entrerò nella sua stanza sculettando e magari le proporrò di ballare con me la macarena, e lei mi risponderà, arrossendo, che non ha tempo, perché deve studiare. O semplicemente perché non avrà voglia.
Perché andrà così, già lo so.
Ma io spero che possa sempre ricordare i pomeriggi come quello della settimana scorsa, che si porti dietro questi nostri momenti. Non soltanto i viaggi, le vacanze, le esperienze, ma anche questi piccoli attimi di quotidianità, per tutta la vita.
Ballate mamme, ballate ora con i vostri bambini. Anche se non avete studiato, anche se siete negate. Ma ballate ora, che il tempo passa e non torna più.
Sere-mammadalprimosguardo