Avete mai sentito parlare del “Progetto 29 giorni” di Valentina Ruble, che informa e raccoglie fondi a favore dei test genetici per la prevenzione contro il tumore al seno e all’ovaio?
Io ho scoperto Giulia, alias Valentina e il suo Progetto grazie ad un social network, precisamente Tok Tok, durante la quarantena: mi comparivano i suoi video, li ho trovati da subito molto carini, perché mostrano una bella donna ironica, che con leggerezza racconta la malattia con la quale convive da tempo.
Non quei video tristi che ci fanno sempre singhiozzare quando li vediamo, ma balletti scanzonati, che raccontano un mondo, spesso conosciuto.
Valentina ha quarant’anni, un marito e una splendida bambina e quando ne aveva solo 36 ha scoperto di avere un tumore al seno tra i più aggressivi e meno di tre anni dopo una metastasi al cervello.
Grazie alle cure ricevute da ottimi medici dello Iov (Istituto Oncologico Veneto) di Padova, a una dieta alimentare controllata che lei stessa ha scoperto le regalasse grande beneficio durante i cicli di chemioterapia e contro le pesanti dosi di cortisone, alla danza e alla musicoterapia (ecco che il suo profilo Tok tic ha perfettamente senso), Valentina non ha mollato, anzi si è messa a scrivere un libro, 29 giorni, edito da lei stessa nel 2017, e ha creato il suo Progetto 29 giorni – che informa e raccoglie fondi a favore dei test genetici per prevenzione contro il tumore al seno e all’ovaio e con il quale vuole aiutare tutte le persone che stanno soffrendo e hanno sofferto come lei.
Grande sostenitrice del test genetico Brca per rilevare eventuali geni mutati, prima che la malattia si manifesti (ricorderete Angelina Jolie che ha scelto di amputare entrambi i seni come prevenzione al cancro, quando ha scoperto di essere portatrice del gene mutato Brca), Valentina si impegna affinché questa possibilità venga data anche nel nostro Paese al maggior numero di donne possibili.
In Italia ci sono tanti paletti per accedere a questo test genetico, occorre avere familiarità in famiglia oppure purtroppo aver avuto un cancro triplo negativo, e anche quando avresti diritto a sottoporti a questo esame, spesso questo non accade, perché i test sono costosi (si parla di 1500/3000 euro a test) e ad oggi è impossibile per il sistema sanitario nazionale fare uno screening all’intera popolazione.
Il problema poi è che molte donne che sono risultate mutate, non avevano nemmeno familiarità, quindi questo esame sarebbe davvero importante per tutte.
Con il progetto 29 giorni, Valentina vuole dare la possibilità a quante più donne possibili (ma anche uomini perché la mutazione riguarda anche loro, e infatti il papà di Valentina è mutato, seppur non si sia ammalato), di sottoporsi a questo esame, in modo da non dover scoprire di essere mutate, solo dopo essersi ammalate.
Una rivoluzione, che rende possibile la prevenzione e salva la vita a chi si scopre portatrice (o portatore) di questo gene.
Come fa Valentina da sola a portare avanti questo progetto? Lo fa grazie una collaborazione con l’associazione Aied di Mestre, e ad un’azienda americana, Veritas Genetics, spin off di Harvard University, che fornisce i test a costo molto basso, in modo da finanziare il maggior numero di verifiche, e poi scrive libri, donazioni, parla con le persone attraverso i social, raccoglie donazioni anche attraverso la vendita di braccialetti omaggiati da O Bag e bellissime bambole di pezza.
Già perché è proprio grazie ad una “Genietta”, bambole di pezza fatte a mano, con scampoli di tessuto americano, tutte diverse una dall’altra, esattamente come sono diverse le donne, anche nella malattia, che mi sono avvicinata a Valentina e al suo progetto.
Dopo aver scoperto su Instagram infatti qualcosa in più su di lei, ho subito ordinato una bambola tra quelle che mostrava durante quel video, con l’idea di regalarla alle bambine, e di poterne poi parlare qui miei canali.
Le bambole sono bellissime, colorate e sorridenti, io mi sono subito convinta di volerne una perchè ho trovato in quelle bambole un dettaglio meraviglioso: le bambole non hanno i capelli, ma un coloratissimo turbante.
Ho pensato che tutti i giorni ci capita di incrociare donne che hanno indossano il turbante e spesso vedo le bambine incuriosite o a tratti tristi, per l’immagine che si trovano di fronte.
Io ho raccontato a Lavinia che durante le cure per sconfiggere il tumore spesso si perdono i capelli, perchè le medicine, per fare effetto, e far guarire, sono molto forti, e uno degli effetti collaterali è proprio quello.
Però dico sempre che anche se i tumori fanno paura, si può guarire e i capelli ricresceranno, e ho pensato che avere in casa una bambola diversa dalle altre, così piene di capelli come tante bambole sono, potesse trasformare una situazione anomala, una paura inespressa, in qualcosa di più naturale, familiare.
Cos’ ho ordinato la mia bambola e ho anche chiesto a Valentina se le andasse di raccontarci qualcosa della sua storia e del suo progetto.
Valentina ha subito accettato con il grande entusiasmo che mostra di avere ogni giorno sui social ed ecco qui cosa mi ha raccontato.
Sono Giulia, ma quasi tutti mi conoscono come Valentina Ruble, la giovane padovana che nel corso della sua vita ha dovuto affrontare una battaglia molto impegnativa che non è ancora finita.
Dalla nascita porto nel mio DNA una mutazione genetica del gene Brca1 (la stessa di Angelina Jolie) che predispone al tumore ereditario del seno e dell’ovaio. Purtroppo non sapevo di aver ereditato questa mutazione dalla nonna paterna.
Ho fatto questa scoperta troppo tardi, dopo essermi ammalata a 36 anni di tumore al seno triplo negativo, il peggiore che esista, aggressivo e con destino spesso nefasto.
Un tumore che dopo le chemio e l’operazione sembrava risolto, ma che invece è diventata una nuova drammatica sfida insieme alla metastasi alla testa comparsa a 2 anni e mezzo dal tumore al seno, per colpa della quale non camminavo più e non muovevo più la mano destra.
Dopo 29 giorni di ospedale, dopo essere stata operata alla testa e dopo aver capito veramente quando importante sia “vivere” ho deciso: dovevo fare qualcosa di concreto per le donne.
Così ho unito la mia passione per la scrittura alla beneficenza, creando il Progetto 29 Giorni: in due anni e mezzo ho raccolto 25.000€ e sono riuscita a far accedere quasi 100 donne che avrebbero avuto diritto al test, ma che si vedevano negare questo diritto dagli ospedali, ad un test tra i migliori a livello internazionale.
Al mio fianco c’è sempre VeritasGenetics, leader americana in indagini genetiche e molte persone che mi supportano ogni giorno.
Il Progetto 29 Giorni, finché avrò la forza, continuerà a crescere, a dare informazioni alle giovani donne su un argomento di cui in Italia si parla ancora troppo poco: le mutazioni genetiche che predispongono al tumore ereditario del seno e dell’ovaio.
Perché scoprire di essere mutate dopo essersi ammalate, come ha detto la genetista che ha scoperto i geni BRCA negli anni ’90, è una sconfitta.
Scoprire di avere una mutazione Brca non significa sempre avere il cancro, ma una maggiore predisposizione ad ammalarsi. Saperlo, significa armarsi sia per la prevenzione che per strategie di riduzione del rischio. Per il tumore al seno si può fare la mastectomia preventiva, per il tumore all’ovaio l’unica profilassi al momento sicura è quella chirurgica, con l’asportazione delle ovaie o delle tube. Chi scopre di avere il gene mutato ed è già malata di cancro, avrà un percorso ospedaliero diverso, farà chemio mirate e esami di controllo piu’ serrati.
Insieme possiamo fare tanto, perché le donne devono poter scegliere di fare il test senza dover pagare migliaia e migliaia di euro, perché sapere è potere.
Per aiutare a far crescere il fondo del Progetto 29 Giorni, potete scegliere di ordinare uno dei miei libri, oppure adottare una“Genietta”, bambole di pezza fatte artigianalmente, o acquistare le canotte gentilmente offerte dalla società americana che eroga i test e i bracciali Obag, anch’essi offerti dall’azienda Obag.
Valentina Ruble-
Se volete aiutare Valentina nel suo progetto o scoprire un po’ di più della sua storia, potete contattarla sui suoi canali social, io vi lascio il link alla pagina di Facebook ma la trovate anche su Tok Tok, Instagram e YouTube.
Che poi non è nemmeno vero che si tratta di un aiuto di Valentina, ma di un regalo che facciamo a tutte noi, sia perché le bambole sono davvero bellissime (e io sto per ordinare i suoi libri perché sono molto curiosa di saperne di più sulla mutazione genetica), sia perché nessuna di noi può credersi super partes.
Purtroppo.
Sere-mammadalprimosguardo